Nuovi massimi storici per l’S&P 500 e per il Nasdaq, trascinati dal solito leitmotiv, ovvero, il settore tecnologico che imperterrita guida i due principali indici azionari, mentre il Dow Jones corregge qualcosa. Le ragioni di questa tenuta dell’azionario sono legate al fatto che sono salite le probabilità che la Federal Reserve tagli il costo del denaro, dopo la pubblicazione dei dati sull’ISM, numeri che hanno rivelato che l’attività industriale si è contratta più del previsto a febbraio, mentre la fiducia dei consumatori redatta dall’Università del Michigan è stata drasticamente rivista al ribasso.

Il rapporto sull'inflazione PCE dal canto suo aveva già manifestato, in settimana, un dato in via di stabilizzazione, così come il leggero peggioramento dei dati sul mercato del lavoro settimanali, hanno di fatto rafforzato l'aspettativa che la Fed potrebbe avviare tagli dei tassi di interesse a giugno.

A livello di risultati settimanali, l'S&P 500 ha registrato un guadagno dello 0,97% e il Nasdaq è salito dell'1,74%, stabilendo il record di 7 settimane positive su otto. Solo il Dow Jones ha perso lo 0,11%. Il risk on, comunque, continua a prevalere, come dimostrano gli indici di rischio, Vix and Fear and greed, abbondantemente in zona di appetito al rischio, 13 il primo e 77 il secondo.

ISM MANIFATTURIERO

L’indice ISM manifatturiero negli Stati Uniti è sceso a 47,8 nel febbraio 2024 da 49,1 del mese precedente, ben al di sotto delle aspettative di mercato di 49,5, indicando il sedicesimo periodo consecutivo di calo dell’attività manifatturiera. I nuovi ordini sono entrati in zona di contrazione (49,2 contro 52,5 di gennaio), spingendo i livelli di produzione ad un andamento analogo (48,4 contro 50,4). Nel frattempo, i prezzi sono aumentati per il secondo mese consecutivo (52,5 contro 52,9), anche se a un ritmo rallentato, a causa del rincaro dei mezzi di trasporto, dei prodotti chimici, dei computer e dei prodotti elettronici.

RISK ON E RENDIMENTI

Venerdì il rendimento del decennale americano è sceso sotto il 4,2%, perdendo oltre 10 punti base dal picco della sessione, in ragione di dati che hanno alimentano l’appetito al rischio. Da più parti giungono infatti conferme (il sentiment di fiducia verso la tenuta degli aggregati macro Usa rimane sostenuto), che il rallentamento economico si possa tramutare, al massimo, in un soft landing, escludendo una recessione più importante.

Questo è anche l’obiettivo dichiarato della Fed, ovvero guidare l’economia verso uno slow down che mantenga gli aggregati solidi e al contempo ridurre il costo del denaro nei tempi e modi corretti. Ergo la Banca centrale Usa, si muove col bilancino, e ai primi segnali di peggioramento significativo, potrebbe correre ai ripari in fretta.

Di conseguenza, i futures sui Fed Funds, indicano che, analisti e investitori hanno aumentato le probabilità che la Fed possa tagliare entro il secondo trimestre dell’anno, con il 70% del mercato posizionato per una riduzione entro il mese di giugno.

INFLAZIONE EUROZONA

Nel vecchio continente, si assiste ad un calo generalizzato dei prezzi, con quelli al consumo scesi al 2,6% su base annua nel febbraio 2024, in calo rispetto al 2,8% del mese precedente, ma rimanendo leggermente al di sopra delle aspettative del mercato del 2,5%. Si è trattato del livello più basso degli ultimi tre mesi, anche se rimane sopra i target della BCE, che, come tutti sanno, sono posizionati al 2%.

I prezzi dell'energia hanno registrato un calo del 3,7% (rispetto al -6,1% di gennaio), mentre il ritmo di aumento dei prezzi è stato moderato per i servizi (3,9% rispetto al 4,0%), generi alimentari, alcol e tabacco (4,0% rispetto al 5,6%) e beni non alimentari. Beni industriali energetici (1,6% contro 2,0%).

Anche l’inflazione core è scesa al 3,1%, raggiungendo il punto più basso da marzo 2022 ma rimanendo al di sopra delle previsioni del 2,9%. Su base mensile, i prezzi al consumo sono aumentati dello 0,6% a febbraio, dopo un calo dello 0,4% a gennaio.

VALUTE

Mercato dei cambi ancora in trading range, anche se nelle ultime ore, il ritorno dell’appetito al rischio ha portato ad una correzione ribassista del biglietto verde contro quasi tutte le principali valute, eccetto lo Jpy che, per le solite ragioni esogene, ovvero una BoJ disinteressata al recupero della valuta nipponica, resta la divisa più debole del mercato.

EurUsd sempre compresso tra 1.0790 e 1.0860 così come la sterlina tra 1.2600 e 1.2700. con possibili cambiamenti solo nel momento in cui verranno violate le aree di compressione e i livelli dei rettangoli attuali. Non vi sono novità neppure sulle oceaniche che hanno reagito al sell off di inizio settimana scorsa, anche se il movimento percentuale si è rivelato comunque poco significativo.

Tra i cross si segnalano i nuovi massimi di CadJpy a 111.74, livello che non vedevamo dal gennaio del 2008, anno della crisi Lehman. Ricordiamo inoltre che il massimo storico di sempre fu registrato nel 1982 a 220 Jpy per Cad, ma il Giappone era un paese emergente. Da quel momento il recupero della valuta giapponese portò i prezzi fino al minimo storico del marzo 1995 a 59.3 Jpy per Cad.

Oggi, il livello di 111.74 non può essere considerato chissà quale massimo, in termini di livelli assoluti, ma dobbiamo però non dimenticare che oggi il Giappone è comunque la quarta economia mondiale, pur avendo una valuta attualmente debole.

PETROLIO

Venerdì i futures del greggio WTI sono saliti a circa 80 dollari al barile, il massimo in quattro mesi, spinti dalle speculazioni secondo cui l’OPEC+ estenderà i tagli all’offerta e dalle persistenti tensioni in Medio Oriente. Tutti gli occhi sono puntati sull’imminente incontro dell’OPEC+ di marzo, in cui i produttori probabilmente si atterranno a limiti di produzione volontari almeno fino a giugno per contribuire a stabilizzare il mercato.

Anche l’incertezza che circonda i colloqui di cessate il fuoco tra Israele e Hamas, così come gli attacchi Houthi in corso contro le navi del Mar Rosso, hanno aggiunto un premio di rischio ai prezzi del petrolio. Nel frattempo, aumentano sensibilmente le scorte di greggio statunitensi, salite di 4,199 milioni di barili la scorsa settimana a causa di un rallentamento nella lavorazione delle raffinerie. Nella settimana, i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 5%. recuperando rispetto al -2.5% del periodo precedente.

DATI DELLA PROSSIMA OTTAVA

Nella prossima settimana, gli investitori seguiranno da vicino il rapporto sull'occupazione di gennaio degli Stati Uniti e i discorsi di diversi funzionari della Federal Reserve, compresi i rapporti semestrali sulla politica monetaria del presidente della Fed Powell al Congresso. Inoltre, saranno sotto esame i principali indicatori statunitensi come l’ISM Services PMI, le opportunità di lavoro JOLTS, gli ordini di fabbrica e i dati sul commercio estero.

A livello internazionale, l’attenzione si concentrerà sulle decisioni sui tassi di interesse della Banca Centrale Europea e della Banca del Canada, oltre ai tassi di inflazione in Turchia, Svizzera, Filippine, Corea del Sud e Messico. Verranno monitorati anche i tassi di crescita del PIL di Australia e Sud Africa. Infine, i dati commerciali per i principali esportatori come Germania, Brasile, Francia, Australia, Cina e Canada saranno osservati attentamente, insieme ai PMI dei servizi per Cina, Spagna, Italia e Brasile.

Saverio Berlinzani




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